Coraggio s. m. [dal provenz. coratge, fr. Ant. corage, che è il lat. *coratĭcum, der. Di cor “cuore”]. Forza d’animo nel sopportare con serenità e rassegnazione dolori fisici o morali, nell’affrontare con decisione un pericolo, nel dire o fare cosa che importi rischio o sacrificio: sopportare con coraggio una malattia, le avversità; andare con coraggio incontro al nemico, incontro alla morte; avere il coraggio di dire la verità, di troncare una relazione; avere il coraggio delle proprie opinioni, delle proprie azioni, ecc.

Voglio partire dalla definizione, qui riportata parzialmente, che la Treccani ci propone riguardo la parola coraggio perché si tratta di un argomento vasto, dalle mille sfaccettature, dalle infinite applicazioni pratiche e teoriche e un punto d’appoggio solido come quello di un’enciclopedia può essere di aiuto per iniziare.

Mentre scrivevo il titolo di questo post, chiedendo a te se hai coraggio, una vocina interiore mi ha interrogato sulla stessa questione: “Andrea, e tu? Tu hai coraggio?”

Elaborandola nella mia mente, mi sono accorto che la domanda iniziale si era arricchita di una parolina nuova. Come un fiume che nasce dalla sorgente di montagna e durante il viaggio verso il mare ingloba elementi nuovi, la domanda iniziale è arrivata alla foce della mia coscienza con una parolina in più, che ne modifica il senso, lo integra, lo fa esplodere in uno scenario nuovo.

“Andrea, tu hai ANCORA coraggio?”

Perché proprio questo avverbio e non un altro? Un avverbio che indica qualcosa che c’è stato e che forse non c’è più, un riferimento ad una caratteristica che magari si è persa per strada? Mi sono sentito quasi costretto a sbobinare i miei ricordi, a chiedermi se e quando questo ancora avesse ragion d’essere.

Nella mia vita credo di aver sempre dimostrato coraggio, sicuramente ci ho sempre provato, non solo nel prendere posizione, nell’esprimere un punto di vista impopolare ma in cui credevo, ma soprattutto nel muovermi in avanti con esperienze fisiche e mentali in grado di farmi evolvere come persona.

Anche avventurandomi in imprese che oggi ricordo con affetto e sana malinconia, come i lanci dal paracadute in abiti militari e civili; i miei preziosi dodici litri d’acqua con cui ho attraversato in solitaria il Sahara tunisino nel 1991… e tanto altro. Un coraggio che ha avuto avuto modo di sbocciare anche grazie a mia madre che, è il caso di dirlo, con coraggio, intorno ai quattordici-quindici anni mi permetteva di viaggiare in tutta Europa, anche con autostop organizzati dal centro turistico giovanile guidato dal mitico Padre Guido Chiaravalli; per questo motivo ricordo che in ufficio la chiamavano simpaticamente Madre Coraggio!

Ecco, quel coraggio ce l’ho ancora?

A livello neuroscientifico, fino ai ventuno anni la zona prefrontale della corteccia cerebrale non è del tutto formata ed è proprio questa la parte che sviluppandosi ci rende più consapevoli del pericolo.

Sulla scia di questa affermazione, se sono più consapevole del pericolo è probabile che possa diventare sempre meno coraggioso.

E cosa succede quando si entra nel ventiduesimo anno? Non c’è un interruttore che si spegne e che chiude tutte le porte che conducono ad esperienze eclatanti, coraggiose. Il coraggio, come abbiamo visto all’inizio con la Treccani, ha mille declinazioni quotidiane che non fanno notizia, non meritano una prima pagina del telegiornale ma, non per questo, sono meno coraggiose di un salto da quattromila metri.

È il coraggio della quotidianità, sia in ambito familiare che lavorativo.

A prescindere dalla tua inclinazione più o meno marcata nel cimentarti in sport estremi o altro, hai questo coraggio? Questo cuore?

Il coraggio di cui sto parlando è quello che ogni giorno ci può portare avanti, oltre, facendoci evolvere in una persona migliore di oggi.

Giorno dopo giorno, gradino dopo gradino verso l’eccellenza.

Non credo esista coraggio più grande. Perché? Perché solo chi è davvero coraggioso affronta il cambiamento, l’ignoto che ha davanti, senza la certezza di ciò che sbucherà da quella strada poco o per nulla illuminata che è il futuro.

Una strada già buia per natura, ma che può trasformarsi in un labirinto vero e proprio in cui, senza rendercene conto, percorriamo e ripercorriamo lo stesso frammento di tragitto a causa di tre emozioni che possono concatenarsi in un circolo vizioso.

La prima emozione è la frustrazione, il momento in cui ci sentiamo insoddisfatti, incapaci di affrontare adeguatamente il nostro percorso, qualunque esso sia. Un alimento di cui è ghiotta la paura, che se ne nutre fino a gonfiarsi a dismisura, generando a sua volta la critica, quella che distrugge senza proporre soluzioni, quella che affossa senza stimolare nuovi punti di vista.

Una condizione in cui la frustrazione ha terreno fertile e in cui il loop di questa matrioska emozionale cresce fino a schiacciarci spingendoci all’inattività, alla stanchezza mentale e a sentimenti poco piacevoli.

Grazie al modello di Six Seconds, la Change Map, possiamo però trasformare queste emozioni e lavorare ogni giorno per migrare dalla frustrazione verso l’entusiasmo con tutta la gamma graduale di emozioni che ci sono nel mezzo.

La paura stessa può essere messa da parte e lasciare che il suo posto venga preso dal coraggio.

La curiosità è un altro momento fondamentale per mettere in moto questo giro di positività e arrivarci superando la tentazione di fermarci alla critica non costruttiva, ci spingerà ad un entusiasmo nuovo, ottimistico, che a sua volta alimenterà il nostro coraggio.

In questo modo, te lo assicuro, le sfide di domani faranno meno paura.

Ottimismo e coraggio. Come possiamo invertire la ruota non positiva di frustrazione-paura-critica che ci lascia nelle strade buie e farla girare nel verso opposto, luminoso e illuminato dell’entusiasmo-coraggio-curiosità?

Possiamo farlo insieme, in modo totalmente gratuito, grazie alle ultime ricerche neuroscientifiche e con il clima creato dal network più grande al mondo dell’intelligenza emotiva partecipando, alle 18 del 18 ottobre, al prossimo Eq Café che ha come titolo proprio Ottimismo e Coraggio.

Dopo aver dedicato i due Eq Café precedenti al senso di scopo e alla fiducia, siamo ora pronti per aiutare noi stessi a fare quel passo in avanti quotidiano, coraggioso, che solo quando sappiamo ascoltare il cuore e lo connettiamo alla mente, possiamo fare.

È tutta questione di equilibrio tra avere il cuore, il coraggio di lanciarlo oltre l’ostacolo, e la testa di farlo sempre con criterio, prevedendo o ipotizzando anche cosa ci sarà dietro.

Cuore e mente insieme per guidare i nostri comportamenti.

 

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