La pandemia che, nostro malgrado, ormai ci accompagna da più di un anno come un rifiuto che si è attaccato alla suola della nostra scarpa e da cui non riusciamo ancora a liberarci, ci spinge ad una serie di riflessioni che, forse, in tempi normali non avremmo fatto.
In questi giorni mi ritrovo coinvolto nell’erogazione di vari webinar e coaching per i nostri clienti, ovviamente a distanza, e vedere i volti delle persone su uno schermo sottilissimo mi ha portato a raccogliere delle impressioni su una metamorfosi che sta avvenendo a livello sensoriale.
Che impatto ha avuto sui nostri sensi, soprattutto su udito e vista, la caduta di questo meteorite che ci ha costretto a ripiegare su forme di comunicazione già esistenti e molto utilizzate anche in precedenza ma che, da un anno a questa parte, hanno completamente monopolizzato il nostro modo di relazionarci?
Voglio iniziare questa riflessione con l’udito perché è coinvolto da più tempo rispetto alla vista.
Quando il telefono di casa, il telefono fisso, ha iniziato a perdere gradualmente ma inesorabilmente il suo primato a favore dei primi modelli di cellulare, già in quel momento gli esperti hanno iniziato ad interrogarsi sull’incidenza che le onde elettromagnetiche avrebbero potuto avere sul nostro organismo.
Già quando i telefonini erano in grado “solo” di telefonare, gli specialisti iniziavano a metterci in guardia su eventuali e ipotetici danni alla nostra salute. Gli inviti a non trattenersi troppo al telefono sono stati sostituiti dal consiglio di non avvicinare il telefono all’orecchio preferendo l’uso gli auricolari, prima a cavo e poi bluetooth.
Nel momento in cui i telefonini si sono trasformati in apparecchi multimediali, cosa è successo? Cosa è accaduto nel momento in cui un oggetto nato per l’udito ha iniziato a sgomitare e, con una certa prepotenza, si è impossessato anche del tempo e dello spazio della vista?
In aiuto a questo interrogativo ho ritrovato un articolo pubblicato su Repubblica (leggi qui) qualche mese fa e che offre una panoramica sorprendente del fenomeno.
47 anni. Un uomo medio, quindi di 65 anni, trascorre 47 anni davanti ad uno schermo. 47 anni significa 47 anni di fila, senza fare altro che non sia avere gli occhi piantati su un monitor.
Il campione di 2000 nostri concittadini che sono stati interpellati per questo sondaggio ha evidenziato come, ogni anno, si trascorrano 6235 ore davanti ad uno schermo. Nei casi più estremi si parla di 17 ore al giorno. 17 ore su 24. Sono dati sconvolgenti su cui possiamo nutrire qualche dubbio, ma siamo certi che si discostino poi così tanto dalla realtà?
Il computer, la tv, i videogiochi, lo smartphone, gli ebook reader. Non fa differenza se molti ritengano produttivo gran parte del tempo passato davanti al monitor perché, ad esempio, lo fanno per lavoro. Il punto, ed è quello che voglio sottoporti e sul quale voglio sensibilizzarti, è che la vita non può essere ridotta all’osservazione di uno schermo.
Stiamo relegando la vista, anestetizzandone tutte le potenzialità, a ruolo di imbuto sensoriale in cui scaricare senza filtro ogni tipo di informazione. Stiamo subendo una sorta di “Cura Ludovico” senza che nessuno costringa le nostre palpebre a restare aperte. Il fine non è quello di rieducarci alla non violenza come nel caso di Alex di “Arancia Meccanica”, ma siamo sicuri che anche nel nostro caso non ci siano conseguenze?
Gli effetti sono molteplici e vanno da quelli relazionali a quelli fisici. Per anni mi sono occupato di tecniche di lettura veloce che includevano anche delle tecniche per riposare gli occhi, ma qui la complicazione è maggiore perché non si tratta solo della problematica di avere un punto focale fisso come su un libro, ma di ricordare anche che la maggior parte di questi dispositivi ha un’emissione di luce che molte persone non considerano. Ed ecco un aumento delle cefalee, le mani che continuamente si strofinano gli occhi per dargli sollievo. E così via.
Qual è la riflessione che il mental coach vuole condividere con te? Fatti delle domande, cerca di capire in che modo riequilibrare queste componenti, accogliendo la tecnologia, ma piegandola alle tue esigenze e ai tuoi sensi, non viceversa. Alleggerisci il carico dei tuoi occhi e dividi il peso con l’udito. L’audio è un alleato potentissimo e altrettanto capace della vista, in alcuni frangenti.
Usalo, ad esempio, come faccio io, per controllare ed aggiornare gli appuntamenti grazie alle agende virtuali che ti elencano gli impegni senza che tu debba usare gli occhi.
Distribuisci il peso, non scaricarlo completamente sulle spalle delle tue orecchie perché altrimenti sarà questo senso ad essere stressato e danneggiato. Equilibrio.
La vista è un dono che la Natura ci ha offerto per darci un vantaggio anche competitivo grazie agli occhi frontali che ci permettono di guardare molto lontano, età e acciacchi permettendo.
Ti invito a questa riflessione: quante ore passi davanti allo schermo?
Se non riesci a quantificarlo da solo puoi fare affidamento sulla tecnologia: molti dispositivi sono in grado di dirti quante ore trascorri in loro compagnia.
Il consiglio del mental coach è doppio. Il primo è di sollecitarti a vivere un po’ più con gli occhi, a farli spaziare come cavalli liberi nella realtà circostante, in quella vera, e non relegati nel recinto di una cattività tecnologica che non fa altro che stancarli e rammollirli.
Il secondo è di usare qualche tecnica di rilassamento, di meditazione, di concentrazione e di chiudere gli occhi in modo che possano aprirsi verso il nostro mondo interiore e osservare un’altra realtà, spesso trascurata: quella delle nostre emozioni.
Sei riuscito a leggere questo articolo senza distrazioni? Senza suonerie di messaggi in arrivo e di notifiche varie? Il mio dubbio è proprio questo: essere fagocitati da questo mostro amorfo, fatto di luci e suoni intermittenti, intangibile ma concreto, che si manifesta attraverso squilli e notifiche e che ci porge un menu che non abbiamo richiesto, che ci imbocca di info che, spesso, non ci riguardano e che non hanno alcun impatto rilevante nella nostra vita.
Invece di guardare lo schermo, quando puoi farne a meno, perché non guardi dentro di te e ti chiedi che persona sei, chi vuoi essere e che scelte hai a tua disposizione per diventare ciò che vuoi?
Ti assicuro che è un bel film e non ci sono nemmeno pubblicità a interromperlo…
Quello che ti ho prospettato, in estrema sintesi, è la base del modello di intelligenza emotiva che ti invito ad approfondire con noi nei nostri percorsi specifici che facciamo su intelligenza emotiva applicata in concreto sulla gestione del tempo che, poi, è la sua espressione più pratica.
Senza dimenticare i percorsi di palestra di intelligenza emotiva che facciamo con EQ Gym.
Lo so che cosa potresti obiettarmi: “Andrea, ma anche il tuo articolo lo sto leggendo su uno schermo e stai chiudendo invitandomi a dei percorsi da fare anche su un monitor!”
Hai ragione. Ma il mio consiglio, che voglio ripeterti ed utilizzare come chiusura, è di selezionare e ridurre, non di eliminare le attività davanti allo schermo. E di ricordarti che gli occhi sono una delle chiavi che la Natura ci ha dato per aprire le sue porte: non lasciamola arrugginire.
Per iniziare questo cambiamento verso nuove abitudini di utilizzo della tecnologia (e non solo), Ti invitiamo al nostro prossimo Webinar EqCafè “Pronti per il Cambiamento?” l’ 8 giugno ore 18.30. Per prenotare il tuo posto e scoprire come gestire il cambiamento, clicca qui.
Ti aspetto,
Andrea