E la tua mente, è distratta?
In questo momento sono a Piazza Navona, uno dei momenti architettonici più belli del mondo e ciò che vedo attorno a me mi suggerisce la domanda che diventa anche il titolo di un’insieme di considerazioni che voglio condividere con te.
La tua mente è distratta? Questa è una delle rare volte in cui mi sento autorizzato a non aspettare la tua replica perché è una di quelle domande che, se affrontate in modo onesto, conducono ad una risposta schietta e senza alternative: “Sì, la mia mente è spesso distratta!”
Ma cosa vuol dire avere la mente distratta? Molto semplicemente significa non essere più in grado di focalizzarci su un compito. Uno stimolo esterno ci allontana, ci separa da ciò che avevamo in mente di fare. Separazione. Non è un caso, infatti, che la parola derivi da distrahĕre che vuol dire proprio separare.
Uno stimolo arriva da qualche parte e ci invita, in modo più o meno drastico, a concentrarci su di esso zittendo la nostra volontà. Ma da dove provengono precisamente questi stimoli esterni?
Guardati attorno. Guarda intorno a te e dimmi cosa c’è nella tua realtà di questo momento che può essere identificato come un agente esterno potenzialmente in grado di “rapirti”.
Non so dove tu sia ora, né cosa tu stia facendo, ma sono in grado di dirti con assoluta certezza che accanto a te, proprio in questo momento, c’è almeno uno di questi tentatori.
Non ha bisogno di offrirci una mela per farci crollare, anche se uno di loro ha effettivamente come logo una mela morsicata, quasi ad indicare una tentazione riuscita; sto ovviamente parlando di quei device che ci accompagnano in ogni momento della giornata, trasformandoci in gemelli siamesi metà umani e metà tecnologici.
Una simbiosi che il mondo delle neuroscienze sta studiando da tempo per scoprirne e catalogarne pro e contro, con un preoccupante sbilanciamento verso la lista degli effetti negativi, soprattutto a carico del cervello.
Piazza Navona. Un florilegio di bellezze architettoniche che i turisti ammirano e immortalano con i loro dispositivi portatili. Ed è proprio osservando loro che è nata l’idea di questo articolo.
Sono qui davanti a me, scattano la fotografia con il cellulare o con un tablet e, molti di loro, vengono distratti da una notifica. Ecco che il suono di un messaggio in arrivo fa in modo che vengano separati dalla loro fotografia o dal monumento che stavano ammirando.
Una distrazione che avviene anche quando davanti a noi abbiamo parenti, amici, colleghi.
Una distrazione che ha un costo: in assenza di Abitudini Digitali Migliori, le neuroscienze ci dicono che quando stiamo svolgendo un compito e siamo distratti da una notifica o da un qualunque altro stimolo esterno, per tornare allo stato di concentrazione precedente, il cervello impiega fino a ventitré minuti.
Sì, ma il multitasking? Questa parola ha generato nel tempo un grosso equivoco di fondo, un’incomprensione che si è radicata fino a diventare fuorviante. Più che multitasking (fare contemporaneamente più cose), bisognerebbe parlare di switchtasking (passare da una cosa all’altra, alternandole).
Il multitasking si sposa bene con attività che si integrano senza ostacolarsi, come camminare mentre si ascolta musica, ad esempio.
Ci sono studi che dimostrano come anche il chiacchierare con il vivavoce sia un elemento distraente mentre si sta guidando perché implica un coinvolgimento che ci “porta via”.
Torniamo alla domanda del titolo. Come hai visto, a questa domanda mi sono permesso di rispondere al tuo posto, perciò voglio trasformarla in un’altra, che poi ne rappresenta la naturale conseguenza: quante volte ti accorgi che la tua mente è distratta?
Prova a pensare a quando apri il tuo computer per fare un lavoro e, senza sapere nemmeno come, ti ritrovi a fare tutt’altro. Tutto questo tempo speso altrove possiamo misurarlo con una delle tante applicazioni, alcune anche native sui nostri device, che la tecnologia ci mette a disposizione.
Tempo che ci sembra speso bene perché magari ci rilassa, ci distrae… Ecco, ci distrae. Una distrazione che in questo caso ha un’accezione estremamente negativa perché ci separa dal nostro obiettivo iniziale facendoci perdere tempo, frantumandolo tra giga e pixel inutili.
Se è “sbagliato”, allora perché lo facciamo?
Perché queste distrazioni ci fanno stare bene. Il nostro cervello riceve dai nostri dispositivi tanti stimoli alle sostanze ormonali che ci rendono più felici: dopamina, serotonina, ossitocina, endorfina. Se queste sono le quattro sostanze che comunicano al nostro cervello che quella cosa è “giusta”, noi stiamo rischiando di modificare il nostro cervello, il nostro corpo e le nostre emozioni trascorrendo il nostro tempo altrove.
Stiamo per entrare nel mese della prevenzione mentale che ho ideato qualche tempo fa e che ho lanciato l’anno scorso con il filo intermentale ed è un momento perfetto per affrontare insieme questo discorso che è nato nel cuore di una piazza, osservando la distrazione di alcuni turisti mentre qualcuno di loro, magari un giapponese o un americano, osservava me pensando: “Ma guarda questo qui… ha davanti a sé uno dei posti più belli del mondo e si distrae prendendo appunti su quel tablet.”
E se quel qualcuno fosse in realtà un Andrea Di Martino straniero che ora sta scrivendo un articolo simile a questo sul suo blog?
Ti lascio con questa surreale ma intrigante supposizione e ti invito a prenderti cura del tuo Tempo e del tuo Cervello. Se vuoi, anche con i miei consigli e la mia compagnia.
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Come è vero Andrea…
Forse riceviamo costantemente troppi stimoli o più semplicemente stiamo perdendo la capacità di restare focalizzati sul momento presente!
Io ad esempio faccio uso spesso dei promemoria sul cellulare, che a volte mi portano a distrarmi su quello che sto facendo in questo momento, magari un lavoro urgente ed importante.
Questo crea un danno, perdo l’attenzione, magari per un promemoria che non è poi così urgente in quel momento visualizzare!
Mi capita a volte di vedere camminare persone con il cellulare in mano, persone che si perdono la bellezza del luogo, proprio come dici tu. Che peccato…
Quando ad esempio voglio dedicare tempo a me stessa, il mio compagno, la mia famiglia, spengo il cellulare. Tutto il resto diventa rimandabile e sento un senso di pace e serenità!
La stessa cosa prenderò il coraggio di farla durante un lavoro urgente e delicato, così da non essere interrotta in alcun modo. Sicuramente ne guadagnerò in salute mentale e nel compito che sto svolgendo!
Andrea che ispirazione!!!
Da quando me ne hai parlato la prima volta mi ritrovo in ufficio tutta concentrata con la mia tazza di caffè in mano, quando sono ancora sola e potenzilmente senza distrazioni. Però, ecco che arriva una mail e mi distraggo. Ma grazie alle cose che ho capito, me ne accorgo. E lavoro per migliorare. ho la sensazione che sempre di più la tecnologia mi porti lontano dalla vita reale, mi tenga distante da ciò che conta per me.
il tuo articolo è bellissimo perchè mi dà anche delle basi neuroscientifiche per comprendere questo fenomeno, e lo rende ancor più rilevante.
il mio tempo su questa terra lo voglio vivere focalizzata, presente, tutta in quel punto in quel momento preciso. E non mi va di distrarmi.
I tuoi esempi così vivi sono nella mia mente e rimarranno lì per un bel pò. Mi è venuto da sorridere pensando che chi ti guardava pensava che ti stessi distraendo mentre in realtà stavi scrivendo un articolo sul come stare focalizzati!
Grazie per questi spunti. grazie per avere messo in parole belle e eleganti e colorate, grazie per avermi dato ancora una volta immagini che mi aiutano a sentirmi meglio e sempre più focalizzata su ciò che veramente conta: vivere qui, ora. Tutto il resto è noia…come diceva qualcuno.
Bravo Andrea, bel post, su un argomento quanto mai di attualità.
Un tempo, ricorderai, dicevamo che la nostra capacità di attenzione era variabile fra i 45 e i 90 minuti (in realtà lo diceva Ebbinghaus, noi l’avevamo solo ripreso). Oggi i vari studenti o lavoratori riescono a malapena a concentrarsi per 20-25 minuti, per quanto ci siamo abituati a ricevere sms, whatsapp, messenger, mail, skype, telefonate e tante altre possibilità di interruzioni.
Infatti, la vera e propria distrazione, cavillando, non esiste. Esiste solo l’attenzione, che può essere rivolta ora a questo, ora a quello, anche con cambi di attenzione di pochi minuti o addirittura secondi.
Il problema fondamentale è che l’attenzione viene “attirata” o addirittura “catturata” da mille distrattori. E sono d’accordissimo con Andrea che quello che ci vuole è l’abilità di riprendere il controllo della nostra mente, per poter finalmente essere noi a decidere su cosa puntare l’attenzione.
Un buon consiglio, quando dobbiamo svolgere un compito importante, di studio come di lavoro, è quello di “spegnere tutto” e isolarsi, eliminando le innumerevoli fonti di distrazione. Come primo risultato si scoprirà che ci mettiamo molto di meno a fare ciò che dobbiamo fare. E poi ci sarà la sorpresa di ritrovare tutto com’era una volra riaccesi i vari dispositivi.
Il mondo va avanti anche senza di noi.
Ho letto questo articolo tutto in un fiato…in un soffio di respiro che mi sono concessa come “pausa” da ciò che stavo facendo perché ho “scelto” di lasciarmi distrarre dalle tue parole con l’intento di riflettere su un tema in realtà prioritario: quanto diritto ci concediamo di lasciarci interrompere in ciò che siamo freneticamente intenti a fare per dedicarci a ciò che è davvero importante e di valore per noi? Anche la mia è una domanda senza attesa di risposta perché molto probabilmente la tendenza generale è quella di confondere le distrazioni con la quotidianità e le cose importanti con l’eccezione.Ecco lato mio in questa fase della mia vita il tempo a disposizione per fare cose oltre ciò che DEVO fare è veramente poco…ma in quel devo c’è anche tutto il senso del mio amore nell’essere madre…il resto piano piano trova il suo spazio…applicando i tuoi sempre validi suggerimenti sulla gestione del tempo
Caro Andrea, questo articolo per me è di grande valore e importanza. Sia come spunto di riflessione su come decido di passare le mie giornate in maniera attiva e passiva (nel tentativo di ridurre al minimo la seconda), sia come madre. Ogni giorno mi chiedo quale sia il modo migliore di guidare i miei figli e in generale le generazioni nate in un mondo già digitale. Ne abbiamo l’obbligo come genitori e adulti in generale, ma mi chiedo come sia possibile farlo quando siamo noi i primi a non capirlo fino in fondo, ritrovandoci spesso a subirlo. Tante volte ho paura di perderli in un mondo virtuale, e cerco di trovare il modo per riportarli nella realtà, affinché possano apprezzarne le bellezze e imparare a difendersi dai pericoli REALI. È la mia missione d’amore e ogni spunto di apprendimento è per me un regalo prezioso. Ciao e grazie.
Grazie Maria Chiara, le tue parole mi confermano che tutti gli studi e le ore investite nello studiare la nostra relazione con questo “ nuovo cervello “ accanto a noi, daranno frutti preziosi per noi e per le generazioni che possiamo influenzare con il nostro esempio.
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